COME ABBATTERE LA MONOTONIA E VINCERE LA NOIA

Diceva un vecchio ad un giovane uomo che voleva avere tutto dalla vita: “Sai, quando avevo io la tua età ero come te, cercavo la velocità, l’emozione forte, la stabilità, ma poi con il tempo ho compreso che avere tutto questo mi avrebbe portato comunque a volere altro.. e altro ancora… e altro ancora”.

Attraverso queste brevi frasi fatte di saggezza si può arrivare a capire quanto l’uomo sviluppi una grande adattabilità nei confronti sia del benessere sia del malessere. Utilizzando un concetto darwiniano, possiamo dire che l’uomo ha inscritto nel proprio DNA un grande potere adattogeno, dunque nel bene o nel male il meccanismo di abituazione vince sempre. Proviamo a pensare a quante volte nella nostra vita, partendo sin dalla prima infanzia, abbiamo assunto un atteggiamento refrattario verso le esperienze nuove, per poi invece amare quelle stesse esperienze che prima leggevamo come ansiogene.

Tutto questo significa che ogni cosa ha il suo tempo ed i suoi tempi.

Anche il concetto di ‘stare bene’ ha bisogno del suo tempo per essere compreso nella sua interezza. Comprendere qualcosa nella sua complessità sta ad indicare ascoltarlo o leggerlo, per poi possederlo dentro di sé. Riuscire ad essere i padroni, dentro se stessi, dei concetti appresi è il prerequisito fondamentale per cominciare il viaggio verso la meta del “cambiamento interiore”. Sempre quel vecchio, riferendosi a quel giovane uomo, diceva: “ Vedo che tu ascolti le mie parole ma guardo i tuoi occhi e non li sento.” Leggendo questo testo, ognuno potrà cominciare a chiedersi come sente il benessere dentro di lui. Esistono persone che vivono nell’incertezza (e questi sono gli insicuri), ne esistono altre che vivono nello sguardo degli altri (e questi sono gli eccentrici), altri ancora che pensano di avere capito tutto (e questi sono i saccenti), però non esiste nessuno che sa spiegarci con certezza matematica come mai quelle persone che hanno molto statisticamente sono anche esse stesse alla ricerca di qualcosa. A questo punto possiamo notare quanto esista un principio di adattabilità generale mediante il quale, oltre una certa soglia di ripetute interazioni con qualche comportamento o esperienza, il nostro grado di appagamento viene meno. Si può andare ad ipotizzare che una possibile causa sia legata alla produzione di endorfine. In termini molto semplici, le endorfine rappresentano una ‘morfina interna’ che il nostro organismo produce in presenza di stimoli appaganti. Il nostro organismo è organizzato in modo tale da produrla esso stesso (al suo interno) oppure di avere le capacità (recettori) per riceverle dall’ambiente esterno. Possono ad esempio stimolare questa sorta di oppiacei naturali i nostri pensieri, un ricordo particolarmente appagante oppure l’indispensabile caffè del mattino. Coloro i quali utilizzano droghe, intese come cannabis, cocaina, amfetamine, alcool lo fanno proprio in virtù di un’attivazione, da parte delle droghe, dei loro centri del piacere interno. Il problema è che, con il passare del tempo, il nostro organismo a furia di continui dosaggi di queste sostanze si “impigrisce” e smette di produrre endorfine. Quindi il nostro corpo attraverso un meccanismo di abituazione abbassa la soglia di attivazione del piacere. Il piccolo esempio appena riportato serve per comprendere quanto, ovviamente assolutamente non al livello delle droghe, il nostro piacere, se esposti sempre allo stesso stimolo, possa abbassarsi. Sarà capitato a tutti di mangiare qualche cibo delizioso, ma se si continua a mangiarlo in modo intensivo questo non sarà più delizioso, anzi sarà nauseante, oppure di desiderare tanto quell’oggetto, ma poi dopo un lungo utilizzo esso non produrrà più la stessa attivazione di felicità. Chi ama viaggiare, ad esempio, sostiene di preferire cambiare meta in quanto posti nuovi sono più stimolanti.

Fin da piccoli dimostriamo quanto la nostra soglia di attivazione sia più alta quando veniamo esposti a stimoli nuovi e quanto questa si abbassi quando veniamo sottoposti a questi stimoli per lunghi periodi. Questo è un meccanismo insito nell’uomo. Statisticamente le persone che hanno sempre voglia di esplorare il mondo, un po’ con gli occhi e la curiosità tipica del bambino, sono quelle che soffrono meno. Viceversa chi è molto fermo, poco amante della scoperta e della conoscenza manifesta maggiormente un calo del tono dell’umore.

Sulla base di quanto presentato, possiamo dire con certezza che per stare bene per sempre il segreto è cercare di investire in una serie di attività a rotazione, tenersi sempre “angoli nuovi” e “spazi vuoti” per la conoscenza e l’apprendimento. Cercare dentro di noi la forza per investire nel mondo e nelle sue mille peculiarità. Sentire di avere sempre qualcosa da apprendere è un ottimo esercizio del benessere.

Non bisogna essere ricchi per stare bene, bisogna essere ricchi di curiosità e chi lo sa, magari arriva anche la ricchezza materiale

Redazione S.P.P.R
(Psicologo Porta Romana-Milano)