IL GIOCO NELLA PSICOLOGIA DEI BAMBINI

Spesse volte ci si domanda come mai sia proprio il gioco la modalità più efficace per permettere ai nostri bambini di crescere (imparando che esistono delle regole da condividere con gli altri). La risposta è semplice: nel gioco, il bambino, soprattutto quando è piuttosto piccolo (almeno fino ai 6-7 anni), è maggiormente predisposto ad apprendere, rispetto ad una regola impartita in modo esplicito dall’adulto. Questo avviene perché il modo di comunicare dell’adulto si basa su una comunicazione troppo razionale e cognitiva rispetto allo stadio della comunicazione in cui si trova ancora il bambino. E’ come se noi italiani cercassimo di comunicare con una persona che parla lo spagnolo attraverso la lingua Italiana. Per quanto le due lingue si assomiglino, molto spesso la persona di nazionalità spagnola non comprenderà i contenuti dei messaggi espressi in lingua italiana. Sia per l’esempio dell’italiano che parla con lo spagnolo, sia per l’adulto che parla con il bambino, la soluzione migliore, per essere veramente compresi, sarà imparare la lingua del nostro interlocutore.

Il gioco è molto accettato dal bambino perché rappresenta un contesto piuttosto libero, in cui ci si può divertire, essere spensierati e creativi, nel quale, implicitamente e senza che il bambino ne abbia consapevolezza diretta, cominciare a rispettare delle regole. In effetti, quando il bambino entra nello “stato mentale del giocare” deve comunque rispettare qualcosa (sia esso un copione es. fare finta che la banana abbia le proprietà di un telefono oppure che il mettere i soldatini dentro un cassetto significa che poi non andranno tolti perché devono riposare e così via sino a giochi più evoluti).

Oltre a sperimentare il “senso del limite”, con il gioco il bambino può esprimere la propria emotività sia essa positiva (come la gioia), sia essa negativa (come la rabbia o la frustrazione).

Redazione S.P.P.R
(Psicologo Porta Romana-Milano)