I GENITORI E LO SVILUPPO PSICOLOGICO DEL BAMBINO
Necessito di una Vostra opinione su come si può cercare di evitare errori nell’educare i nostri bambini sin dai primi anni di vita.
Sono mamma da circa un anno e ho voglia di imparare a crescere bene il mio bambino.
Adesso lui va al nido e sono felicissima di questa scelta. Anche se i nonni si erano offerti di tenerlo, io ed il mio ex marito abbiamo deciso di comun accordo di farlo crescere insieme agli altri.
Ultimamente il nostro piccolo è un po’ più aggressivo del consueto, infatti ha cominciato a mordere molti bambini, ed al nido ci dicono che può dipendere anche dal fatto che ci siamo separati. Non so se può essere vero, comunque penso che tutto possa influire.
Cordiali saluti.
F.
LO PSICOLOGO RISPONDE
Gentile lettrice,
le auguriamo tanta positività per questo momento che immaginiamo sia pieno di voglia di “esercitare” bene un ruolo non facilissimo come quello del genitore.
Certo, la vostra separazione coniugale potrebbe avere influito su alcune dinamiche emotive di vostro figlio, ma - come diciamo spesso - con l’ingrediente più efficace al mondo, cioè il vostro amore, questo aspetto sarà sicuramente secondario, ci creda..
E’ sicuramente vero che la nascita del primo figlio comporta una complessa gamma di profondi cambiamenti che i genitori non sempre recepiscono con consapevolezza.
La responsabilità dei genitori ovviamente, anche se divisi, è grande e li accompagnerà dalla nascita del figlio sino alla tardo adolescenza.
Il padre e la madre sono chiamati a responsabilizzarsi molto e ad essere consapevoli di quanto molti dei loro comportamenti, decisioni e punti di vista abbiano una profonda influenza sullo sviluppo psicologico del loro bambino. Il rapporto tra genitori e figli non sarà mai unidirezionale; infatti, se da un lato i genitori rappresenteranno l’intero mondo del proprio figlio, dall’altro la presenza del bambino arricchirà moltissimo i sentimenti e l’esistenza dei suoi genitori.
Anche se potrà apparire strano, spesse volte l’educazione genitoriale è fortemente influenzata dalla tradizione e dall’istinto, ma è bene utilizzare anche un approfondimento razionale che miri a valutare le reali esigenze del bambino e delle dinamiche che intercorrono all’interno della famiglia.
In alcuni casi l’alimentazione diventa motivo di vera ansia e talvolta scatena delle paure irrazionali in cui il padre e/o la madre sono profondamente convinti che se il figlio non ha appetito significa necessariamente che sta male. In questi casi è bene che entri campo la razionalità per soppesare queste false credenze e portare i genitori a comprendere che, per il bambino, il cibo può essere un modo per comunicare aspetti anche psicologici, non solo fisici.
Ricordiamoci che nei primi anni di vita, vista la povertà di vocabolario, il bambino utilizzerà moltissimo, per attirare l’attenzione su di sé, forme di comunicazione legate al cibo, al pianto o anche, come nel suo caso, ai morsi. In questi casi, spetterà all’adulto essere in grado di cercare di imparare a leggere quale messaggio si cela “sotto” ad un certo atteggiamento non verbale o, più nello specifico, ad una comunicazione corporea. Il bambino dai 18 mesi ai quattro anni svilupperà manifestazioni comportamentali che potranno essere negative e che sono del tutto normali nello sviluppo infantile.
Un caro saluto.
Staff Psicologo Porta Romana-Milano