MIA FIGLIA, LA SOCIETA' E LA BULIMIA D'IMMAGINE

Cari psicologi,
Negli ultimi mesi mi sono accorta di essere piuttosto preoccupata dal comportamento che ha mia figlia di 24 anni. Spiegando il problema piuttosto brevemente, posso dire che da circa 1 anno noto che sente sempre più il bisogno di pubblicare tutte, o quasi tutte, le sue azioni che compie durante la giornata sui social network, oserei dire che sembri quasi ossessionata da questa operazione. Mentre mangiamo a tavola la sera, quando siamo in vacanza, quando porta fuori la cagnolina ecc.
Seguendola sulle sue storie che pubblica su istagramm mi sono accorta che va avanti continuamente, come se la sua vita sia impostata sul volere mostrare cosa fa durante la giornata. All’inizio non davo peso a questa cosa, ma da quando il suo rendimento universitario sta avendo un vistoso calo, comincio ad essere veramente preoccupata. Ho provato a parlargliene, ma appena introduco l’argomento, si infuria in un modo che sino ad oggi non avevo mai visto. C’è qualcosa che io possa fare per farle capire che sta sbagliando? Non capisco cosa le succeda, anche se ormai vedo che lo facciamo un po’ tutti…


Cara signora,

Purtroppo, come lei stessa ben afferma, “lo facciamo un po’ tutti”.

Sicuramente il fatto che il mondo circostante viaggi parallelamente, o quasi, ai comportamenti di sua figlia sicuramente non le è d’aiuto per cercare di aiutarla a disassuefarsi o disintossicarsi da questa vera e propria dipendenza, oramai sfociata in comportamenti di tipo ossessivo.

In effetti, per quanto possa sembrare eccessivo, quando si tende ad esercitare una certa operazione continuamente nel corso della giornata, tale modo di fare assume il ruolo di un comportamento di tipo ossessivo, dove all’interno di esso si nasconde, s’ insinua un bisogno specifico, un bisogno che va decifrato. Per alcuni può essere il bisogno in superficie di allontanarsi dall’ansia, per altri la necessità di colmare un vuoto, per altri ancora sfogare lo stress accumulato, ma quasi certamente il meccanismo è connesso ad uno stato mentale di disagio e di sofferenza (ed il fatto che molte persone lo facciano non è assolutamente sinonimo di equilibrio).

Ovviamente non conoscendo nei dettagli la storia di sua figlia, non è possibile dirle nello specifico quali siano le motivazioni sottostanti ad un tale comportamento, però possiamo aiutarla a riflettere attraverso una serie di ragionamenti legati a questa società che nell’ultimo decennio soffre di “bulimia d’immagine” e l’aspetto interessante è notare quanto questa “bulimia” vada ad interessare anche persone famose, personaggi dello spettacolo affermati, ovvero persone che potrebbero assolutamente fare a meno di esibirsi ancora di più a livello d’immagine, in quanto già ampiamente esposti, ma che in qualche modo e per qualche strana ragione manifestano paradossalmente lo stesso bisogno di sua figlia e di molte altre persone “comuni”.

Una delle ragioni principali che attiva questa “bulimia” nasce dalla necessità di avere attenzioni, sentire che “il mondo” ci presta attenzione, ci considera e dunque ci fa sentire importanti. Si ipotizza che alla base di questo bisogno ci siano dei legami con il nostro mondo infantile, ad esempio con i tempi in cui da piccoli si cercava costantemente di attirare l’attenzione dei nostri genitori, attraverso i travestimenti, l’esibizione dei nostri disegni, dei nostri giochi, dei nostri balli, perché solo e grazie alla loro approvazione potevamo sentirci accettati, adatti e funzionanti.

Se ci pensiamo bene quando “mostriamo” i “nostri prodotti” in rete per condividerli e ricevere LIKE stiamo facendo un po’ la stessa cosa: cerchiamo di avere riconoscimenti, approvazione dalla nostra famiglia estesa, la famiglia virtuale. In questo modo, quando il pollice va verso l’alto sentiamo di funzionare, ci sentiamo attrattivi ed interessanti e quando nessuno o pochi membri di questa famiglia ci danno la loro approvazione ci si sente poco significativi, poco importanti, quasi inutili.

Il bisogno di esporre quello che per noi rappresenta “il bello”, non solo un bello estetico, ma anche di concetto, anche un bello filosofico, dunque un bello soggettivo, potrebbe nascere da un ideale narcisistico di perfezione che in alcune personalità alberga maggiormente, ma che ultimamente si sta sviluppando in moltissime persone. Questo ideale pone le sue radici sempre all’interno dei luoghi affettivi dell’infanzia, quei luoghi in cui l’autostima si connetteva ad aspetti meramente estetici, infatti il bambino era interessato a catalizzare l’approvazione genitoriale attraverso la sua immagine o i prodotti della sua immagine.

Questo bisogno legato all’apparire nasceva perché era molto più complesso cercare un’approvazione emotiva, allora la facilitazione nasceva proprio da una via più facile, appunto quella estetica, quella dell’immagine. Se ci pensiamo bene nella foto, quella personale ancora di più, cosa si cerca? Si cerca una comunicazione di superficie, una comunicazione basata su standard semplificati di felicità dove tutti sorridono, tutti si abbracciano, dove tutto deve risultare bello, divertente, divertito, quasi perfetto nel suo contenuto.

Tornando a sua figlia provi a valutare se nell’ educazione del suo sistema famiglia, quando sua figlia era piccola, gli aspetti estetici venivano usati spesso o in modo forse esasperato come canoni da seguire per “essere bravi” e funzionanti, se vi era un’attenzione marcata per l’andare molto bene a scuola, per l’eccellere nello sport, nei corsi o in uno stile di vita esteticamente iperperformante.

Un caro saluto

Studio Psicologico Porta Romana-Milano